A cura di Davide Casotti, Andri Thana
e Lorenzo Colangelo
STRATWARMING, COSA ACCADRÀ?
Le dinamiche atmosferiche degli ultimi giorni che hanno visto la comparsa della neve al centro-nord, sono sinonimo di un vortice polare debole in grado di rilasciare masse d’aria fredde dirette verso sud. Quest’anno, rispetto alla scorsa stagione invernale, caratterizzata da una circolazione prettamente zonale, continui scambi di calore vanno ad indebolire la salute del Vortice Polare, smentendo tutte le proiezioni fatte appena un mese fa.
La speranza che questo inverno possa essere finalmente degno delle sua storia italica è giustificata dalla tanta apatia degli scorsi semestri freddi. Quando si parla della “Meteo” però, ci si immerge in un caos che molte volte lascia il segno con un sano cinismo e una buona dose di spietata concretezza.
Non perdiamoci dunque in chiacchiere: sappiamo infatti che il Vortice polare, attualmente, è debole e che nei prossimi giorni alla sua compromessa stabilità (4-5 gennaio) si andrà ad aggiungere una nuova insidia: è dato ormai per appurato che la stratosfera (fascia atmosferica situata sopra la troposfera, composta prevalentemente da ozono) subirà un importante riscaldamento di circa 30°. Questi “stratwarming” come già sappiamo, possono influire in modo caotico anche sulla sottostante troposfera. Andando però ad analizzare la situazione, dalla media degli scenari a 100hpa (15.000 metri) emerge un indebolimento considerevole del vortice polare stratosferico e a 10hpa (30.000) una inversione dei venti zonali (occidentali) che si disporranno quindi da est verso ovest.
Una tale manovra appunto, può influire sulla troposfera in maniera isotropica (che implica cioè un trasferimento delle condizioni di indebolimento del vortice polare stratosferico a quello troposferico ) aumentando le possibilità di avvezioni molto fredde alle medio-basse latitudini ed è, per quanto complessa, anche fonte di imprevedibilità soprattutto quando gli effetti più probabili di quest’ultima sembrano virare verso un dislocamento di uno dei lobi del fantomatico VP.
I risultati, questa volta, potrebbero esserci; non avverrà uno split, almeno per ora, ma le
*probabilità di avere ondate di aria artica anche continentale sul vecchio continente, viste le premesse, aumentano.
Guardando alle anomalie bariche, per la prima decade di gennaio emerge inoltre un quadro di rafforzamento anticiclonico sulla Groenlandia causato da un trasferimento imponente di energia verso l’Atlantico e dall’allungamento della corrente a getto verso nord. In contemporanea le presenze ingombranti di un anticiclone siberiano da record (oltre 1090hpa) e di un East Asian Mountain Torque positivo [che per conservazione del momento angolare costringe le masse d’aria di salire verso la stratosfera] contribuiscono a un aumento delle temperature in alta sede.
Guardando all’ oceano pacifico si verranno a formare forti ed estesi cicloni extratropicali attorno alle Isole Aleutine (situate tra Alaska e Russia) con conseguente oscillazione estrema del Jet Stream Atlantico (come dimostra l’indice Nao). A questo si aggiunge una Nam (indice teleconnettivo che misura la salute del vortice polare a tutte le quote) particolarmente bassa come non si vedeva da molto tempo (-3°) che ci fa capire ancora meglio la portata dei movimenti atmosferici. Ugualmente, anche l’indice AO (oscillazione artica) rimane abbondantemente negativo, ulteriore conferma di ciò che stavamo dicendo. D’altra parte invero, si tratta di dinamiche che non influiscono per forza sulle condizioni atmosferiche sperimentabili.
I prossimi lunghi giorni saranno allora di vitale importanza per sperare di intravedere negli elaborati modellistici, gli effetti di questo stratwarming: da ciò dipenderà l’intero svolgersi dell’inverno europeo.